IL CYBERBULLISMO: LA PREVARICAZIONE CHE PASSA DALLA RETE
by Super User
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Maggio 2017: viene approvata in via definitiva la legge per la prevenzione e il contrasto al fenomeno del cyberbullismo.

La proposta era stata avanzata nel 2013 dalla senatrice Ferrara, ex insegnante di una ragazza che si suicidò in seguito alla diffusione in rete di un video in cui veniva molestata sessualmente e che in pochi attimi raggiunse più di duemila like. La legge in questione definisce cyberbullismo come qualsiasi atto di sopraffazione che possa manifestarsi nel mondo virtuale, realizzata per via telematica (es. tramite i Social Network, WhatsApp, SMS, telefonate anonime), il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso o la loro messa in ridicolo. Le tipologie di condotte online che fanno parte del dominio semantico del cyberbullismo sono diverse:

• Flaming: scambio in rete di messaggi violenti e/o volgari, che mirano a stimolare battaglie verbali;

• Harassment: invio ripetuto di messaggi offensivi e sgradevoli;

• Cyberstalking (forma più grave di harrassment): molestie, denigrazioni o minacce ripetute allo scopo di generare, nella vittima, paura per la propria incolumità fisica;

• Denigration: diffusione online di pettegolezzi, materiale offensivo o riservato, insulti e diffamazioni per danneggiare la reputazione della vittima o con l’intento di ridicolizzarla;

• Impersonation: controllo dell’account della vittima allo scopo di inviare messaggi o diffondere materiale personale con l’obiettivo di screditarla;

• Outing: ricezione o detenzione di informazioni imbarazzanti o notizie della vittima, inviati da quest’ultima con il suo consenso, e alla loro successiva pubblicazione, questa volta senza permesso;

• Trickery: si sollecita con l’inganno la vittima a condividere online segreti su se stessa o su un’altra persona, per poi diffonderli ad altri utenti della rete o minacciarla di farlo nel caso non ci si renda disponibili a esaudire le richieste;

• Exclusion: deliberata esclusione di un coetaneo da un gruppo online, da una chat o da altri ambienti protetti da password.

Se, da un lato, in adolescenza la tecnologia offre un aiuto nella sperimentazione di sé durante questo periodo in cui le relazioni reali, nella loro ricchezza e complessità, possono comportare un carico emotivo impegnativo e difficile da gestire, dall’altro lato può diventare lo strumento con cui perpetuare feroci attacchi nei confronti di quei coetanei percepiti come più deboli. Tra le motivazioni per cui i ragazzi identificano un compagno come vittima designata troviamo le caratteristiche fisiche, la timidezza, l’orientamento sessuale, la nazionalità, il livello socioculturale e la disabilità. Volendo trovare un filo conduttore tra tutte, un fil rouge che le accomuni, possiamo affermare che alla base dei gesti di sopraffazione (online e offline) è rintracciabile una profonda paura delle debolezze dell’altro, che rispecchiano e risvegliano il proprio senso di inadeguatezza, esorcizzato attraverso vessazioni e violenze ai danni di chi viene percepito come sbagliato, rendendo testimonianza del vecchio adagio popolare secondo cui “la miglior difesa è l’attacco”. 

La gravità di questi agiti viene troppo spesso sottovalutata, anche a causa di alcune caratteristiche specifiche del fenomeno. Prima fra tutte, la facilità con cui è possibile compiere queste azioni: i requisiti minimi sono l’accesso a una rete Internet e a un telefono cellulare. In secondo luogo, l’illusione di potersi nascondere dietro l’anonimato di un nickname o di un profilo falso alimenta la percezione di non essere rintracciabili (e quindi non punibili). In ultimo, l’assenza di contatto e di relazione diretta con le reazioni della vittima genera nel cyberbullo un senso di de-responsabilizzazione e un distanziamento dal danno perpetrato. Il mondo virtuale è, peraltro, un mondo senza limiti spazio-temporali: questo rende le prevaricazioni attive 24 su 24 e accessibili da un pubblico sterminato, per un tempo potenzialmente infinito. Per questo, le conseguenze sulle vittime possono essere estremamente dolorose. La vergogna e la mortificazione causata dallo sguardo di ritorno dei pari, reali e virtuali, può diventare implacabile e generare la sensazione di essere soli e non ascoltati, impossibilitati a chiedere aiuto.

Ciò che accomuna vittima e cyberbullo sembra essere la mancanza di una relazione con adulti capaci di tradurre in parole emozioni e vissuti. L’incapacità di esprimere col linguaggio un disagio interiore porta gli adolescenti a trovare altri modi per gestirlo: c’è chi imparerà a distanziarsi dal carico emotivo e chi imparerà ad alleggerirlo attraverso la prevaricazione. L’incontro con adulti competenti e attenti (genitori, insegnanti, psicologi) può portare alla creazione di spazi di incontro e di relazione alternativi, nei quali il dialogo permetta di costruire insieme strumenti efficaci di pensiero e riflessione, promuovendo l’accettazione delle proprie fragilità e offrendo un supporto valido alla formazione di un’identità integrata.

Se senti di aver bisogno di aiuto, contattaci pure al Mandorlo Bianco.